Ansia buona Ansia cattiva. Impariamo a distinguerle.
L’ansia può rappresentare un sintomo di numerose sindromi cliniche e, allo stesso tempo, è un fenomeno che si manifesta normalmente nella vita di ogni individuo. Secondo Martin Heidegger si tratta di “una manifestazione fondamentale dell’essere nel mondo”
Alcune fasi o momenti particolari dello sviluppo sono per loro natura accompagnati da una temporanea condizione ansiosa. Ne sono un esempio (Perugi, Toni, 2002):
– l’ansia di separazione o l’ansia dell’estraneo sperimentata dal bambino;
– l’ansia in concomitanza di grandi cambiamenti esistenziali;
– l’ansia in situazioni di minaccia per l’integrità fisica o di pericolo per il proprio ruolo sociale.
L’esperienza soggettiva di uno stato d’ansia o tensione è una condizione che si verifica frequentemente nella popolazione generale e che può assumere differenti livelli di intensità.
Alcuni autori (Smeraldi, Bellodi, Provenza, 1991) definiscono questo stato affettivo non tanto come un sintomo o una sindrome specifica, ma piuttosto come una modalità di esistenza, verosimilmente legata a conflitti contingenti alla natura umana, le cui manifestazioni (apprensività, inquietudine e paura) possono intensificarsi ed assumere una connotazione psicopatologica. Come ricorda Borgna (1998), esistono molteplici forme ed altrettanti elementi che possono essere connessi all’origine dell’ansia. Non è opportuno, dunque, attribuirle a priori una connotazione negativa, ma occorre considerare le sue manifestazioni nell’ambito di una relazione dialogica, che consenta un’analisi a più livelli delle caratteristiche dell’ansia e dei suoi significati (Borgna, 1998). Citando l’autore, “c’è un’ansia evitabile e una inevitabile; c’è un’ansia distruttiva e una dotata di un senso che è necessario decifrare; e c’è un’ansia che fa parte della condizione umana e non è patologica” (Borgna, 1998, p. 136)
ANSIA BUONA E ANSIA CATTIVA. QUANDO L’ANSIA E’ UNA REAZIONE NORMALE E ADEGUATA
Secondo Perugi e Toni (2002) l’ansia è normale quando l’individuo è in grado di esercitare un controllo su di essa, conservando un buon esame di realtà e la capacità di mantenere una posizione attiva, cercando soluzioni funzionali con le quali far fronte alle minacce che causano lo stato ansioso. In questo caso l’individuo può trarre beneficio da questa esperienza e realizzare un adattamento all’ambiente che sia per lui soddisfacente (Perugi e Toni, 2002).
L’ansia normale, infatti, è essenziale in quanto informa l’individuo sui pericoli a cui potrebbe andare incontro e lo indirizza nella ricerca di soluzioni adeguate al contesto; in questo senso rappresenta per il soggetto un importante stimolo all’azione (Braconnier, 2003).
Come sostengono anche Smeraldi et al. (1991) l’esperienza ansiosa è normale e funzionale quando si presenta come una reazione d’allarme diretta contro uno stimolo reale e conosciuto; questo tipo di reazione provoca uno stato di tensione psicologica che tuttavia attiva le risorse dell’individuo e potenzia le sue capacità operative finalizzate alla risoluzione del problema.
Inoltre, una quota d’ansia limitata può essere incanalata in attività socialmente accettate, come attività artistiche, intellettuali e sociali, e rappresentare per l’individuo una fonte di curiosità (Braconnier, 2003) e anche di creatività (Borgna, 1998; Bracconier, 2003). Bracconier (2003) definisce l’ansia un’emozione attiva e complessa, che, a seconda della sua intensità, può spingere l’individuo all’azione o, al contrario, renderlo incapace di agire. Queste contrapposte potenzialità sono dovute alla reciproca interazione di due elementi costitutivi dell’ansia: uno di ordine emotivo e uno di ordine cognitivo. Il primo è rappresentato dal sentimento di insicurezza, che, secondo l’autore, risponde all’istinto di conservazione, mentre il secondo è dato dall’incertezza, che favorisce le capacità di analisi e scelta (Bracconier, 2002). Se l’ansia è presente in forma lieve, l’unione di questi due elementi porta a risultati positivi, in quanto provoca l’attivazione del pensiero e favorisce l’immaginazione nella ricerca di risposte e soluzioni con cui affrontare la realtà. Nel caso in cui la quota d’ansia sia eccessiva, i due elementi costitutivi operano nel verso opposto, paralizzando le facoltà individuali e ostacolando sia il pensiero che l’azione (Bracconier, 2003).
ANSIA BUONA E ANSIA CATTIVA. QUANDO L’ANSIA DIVENTA PATOLOGICA
Nei casi in cui l’individuo non riesce a trovare soluzioni adattive per fronteggiare situazioni sconosciute o potenzialmente pericolose, l’ansia può perdere le sue caratteristiche funzionali ed assumere un carattere patologico, determinando vissuti di impotenza e di passività nel controllo delle proprie emozioni (Perugi e Toni, 2002). Un criterio differenziale tra la normale reazione d’allarme e l’ansia patologica è rappresentato dal fatto che la prima amplifica le capacità operative del soggetto, mentre la seconda le disturba e influisce negativamente sulle prestazioni (Smeraldi et al., 1991).
L’ansia normale si distingue dall’ansia patologica anche su una base quantitativa; una condizione ansiosa di elevata intensità può talvolta compromettere il piano sociale e lavorativo dell’individuo, causando una grande sofferenza (Nisita Petracca, 2002).
Quando l’ansia diviene patologica, provoca distorsioni cognitive, come idee ossessive, aspettative catastrofiche ed errori di attribuzione e causa la sovrastimolazione del sistema nervoso e degli organi ad esso collegati (Palomba, Buodo, 2004). Assume inoltre caratteristiche autoinvalidanti, tramite le quali l’individuo perpetua comportamenti disadattivi per lunghi periodi di tempo, spesso giudicati dal soggetto stesso come irrazionali e inadeguati; in tal caso, come sottolineano Perugi e Toni (2002) l’ansia si configura allo stesso tempo come la causa e la conseguenza dell’organizzazione psicopatologica.
Dal Trattato Italiano di Psichiatria: “L’ansia patologica si caratterizza come una risposta inappropriata, in quanto irrealistica o eccessiva, a preoccupazioni esistenziali o relative all’ambiente e la cui conseguenza principale è rappresentata da una alterazione delle normali capacità individuali.” (Nisita, Petracca, 2002, p. 2100).